L’ICT come strumento di cooperazione

L’ICT come strumento di cooperazione

Quando parliamo di connessione, non facciamo riferimento solo a quella che unisce i dispositivi, ma possiamo rivolgere la nostra attenzione a quella che lega le persone, i territori, le comunità. La connessione è oggi la chiave che permette a Paesi lontani di accedere a opportunità prima inimmaginabili.

Nei Paesi in via di sviluppo le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) sono molto più che strumenti tecnici: diventano fattori abilitanti, moltiplicatori di possibilità. Dove mancano infrastrutture fisiche, strade sicure, reti energetiche stabili, spesso il digitale crea un varco: consente di saltare interi passaggi evolutivi e di raggiungere direttamente nuovi modelli di crescita.

Emblematico è il caso di M-Pesa, sistema di mobile money nato in Kenya nel 2007: milioni di persone escluse dai circuiti bancari tradizionali hanno avuto accesso a servizi finanziari basilari con un semplice telefono cellulare. Una rivoluzione che ha sostenuto microimprese, favorito la resilienza economica e rafforzato la fiducia comunitaria.

ICT e cooperazione internazionale

La cooperazione allo sviluppo, in questo scenario, assume un volto nuovo. Non si tratta più soltanto di costruire pozzi, scuole o ospedali – azioni sempre necessarie – ma di immaginare piattaforme digitali che mettano in contatto agricoltori con mercati equi, pazienti con medici, studenti con insegnanti a migliaia di chilometri di distanza.

In India, la piattaforma eSanjeevani di telemedicina ha garantito decine di milioni di consulti a distanza, portando assistenza sanitaria in villaggi remoti. In Uganda, l’app m-Omulimisa collega contadini e agronomi, fornendo consigli in tempo reale su colture e fertilizzanti. In Afghanistan, il progetto Ustad Mobile ha consentito a studenti e insegnanti di accedere a contenuti didattici offline tramite smartphone, anche in contesti privi di connettività stabile.

Il rischio, tuttavia, è che le tecnologie diventino un privilegio di pochi. La sfida della cooperazione consiste nel garantire che l’ICT sia realmente inclusiva: accessibile economicamente, utilizzabile anche da chi non ha competenze elevate, adattata ai contesti locali.

Un tablet consegnato a una scuola di villaggio non basta se manca l’elettricità o se gli insegnanti non sono formati. È qui che il digitale incontra la responsabilità: le tecnologie devono essere accompagnate da percorsi di formazione, manutenzione e sostegno comunitario. Solo così possono trasformarsi da oggetti esterni a strumenti interiorizzati, capaci di cambiare davvero la vita delle persone.

In un mondo che corre veloce, le ICT rappresentano una delle strade più concrete per ridurre le disuguaglianze globali. Non si tratta di imporre modelli, ma di costruire insieme piattaforme di scambio e conoscenza, adattabili alle culture e alle esigenze locali.

La cooperazione internazionale, rafforzata dalle tecnologie, diventa così laboratorio di equità: un luogo dove il digitale non sostituisce la relazione, ma la amplifica, permettendo a chi è più distante di partecipare al medesimo dialogo globale.

La connessione, allora, non è soltanto rete. È relazione. È un patto che riconosce dignità e futuro ai popoli.

Alberto Marzetta

Fonte: impactskills.it