Progettazione collettiva per un futuro sostenibile: strumenti e prospettive
Per progettare un futuro sostenibile sono necessari strumenti efficaci concordati a livello globale. L’impegno collettivo nella ratificazione delle norme su scala nazionale e la cooperazione internazionale sono fondamentali per garantire che nessun Paese venga lasciato indietro nella definizione di una strategia verso la sostenibilità a 360°.
L’attuale modello di crescita è stato riconosciuto insostenibile già nel 1972 con il Rapporto sui Limiti dello Sviluppo, sottolineando la necessità di perseguire uno sviluppo sostenibile. Dato l’ampio spettro di applicazione del tema, che tocca le dimensioni ambientale, sociale ed economica, ad affiancare le dichiarazioni di principio si sono rivelati fondamentali degli strumenti di progettazione collettiva per guidare concretamente la transizione e dei sistemi di monitoraggio per verificare l’attuazione delle politiche e adattare le strategie alle sfide emergenti. Nei paragrafi successivi verranno esaminati alcuni degli strumenti collettivi che hanno permesso un avanzamento verso lo sviluppo sostenibile, evidenziando sia i loro successi che le difficoltà incontrate lungo il percorso.
Lo strumento di progettazione collettiva più ambizioso adottato finora è stato pubblicato nel 2019 dall’Unione Europea. Si tratta del Green Deal: un piano programmatico che rende l’Europa un modello globale in tema di politiche ambientali, climatiche ed energetiche, con l’obiettivo di trasformare quello europeo nel primo continente a impatto climatico zero entro il 2050. Per farlo, l’Unione Europea si impegna a ridurre del 55% le emissioni di gas serra entro il 2030, promuovere l’uso di energie rinnovabili e implementare un’economia circolare, garantendo al contempo crescita economica e benessere sociale. Tali obiettivi sono stati strutturati a partire dall’Agenda 2030, diventata il fulcro delle strategie dell’Unione Europea sin dalla sua pubblicazione, nel 2015.
Gli SDGs e le Conferenze Mondiali per il clima: una guida per tutti i Paesi
L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile è uno strumento globale adottato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2015, appunto. Concretamente si declina in 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs), che le aziende sono incoraggiate a perseguire nelle loro strategie di sostenibilità. A esempio, Acque Bresciane, all’interno del Piano di Sostenibilità Ogni goccia Conta, si è posta 9 obiettivi da raggiungere, basati sugli SDGs numero 3, 4, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 13, 15 e 16. Per raggiungere tali obiettivi ha inoltre individuato 20 indici di performance misurabili e rendicontati nel bilancio annuale.
Un altro strumento chiave per perseguire un progresso sostenibile è la Conferenza delle Parti (COP), l’organo decisionale della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC). Istituita nel 1992, la COP ha il compito di monitorare e negoziare gli impegni dei Paesi per contrastare il cambiamento climatico, promuovendo politiche globali per ridurre le emissioni di gas serra. Ogni anno, riunisce rappresentanti di governi, organizzazioni e società civile per prendere decisioni sulle misure da adottare per raggiungere gli obiettivi climatici. Di seguito le tappe più importanti in tale ambito raggiunte grazie alle COP.
Una storia fatta di piccoli passi
La prima grande conquista sul fronte climatico è stato il Protocollo di Kyoto, adottato durante la COP3 nel 1997 ed entrato ufficialmente in vigore nel 2005. Si tratta del primo trattato internazionale che stabilisce obiettivi vincolanti e quantificati per i Paesi industrializzati firmatari che si impegnano a ridurre le proprie emissioni di gas serra. Il protocollo prevedeva una riduzione del 5% delle emissioni rispetto ai livelli del 1990, da realizzarsi entro il 2012. Un successivo emendamento ha esteso questi impegni fino al 2020, portando a una riduzione media delle emissioni del 22% rispetto ai livelli del 1990. Questo risultato non solo dimostra la capacità di queste nazioni di implementare politiche ambientali efficaci ma sottolinea anche il ruolo cruciale della cooperazione internazionale nel raggiungere obiettivi comuni. La riduzione delle emissioni è stata particolarmente marcata nell’Unione Europea e nel Regno Unito, dove dieci Paesi hanno superato quota 30% di riduzione. Tuttavia, non tutti i Paesi hanno registrato progressi simili: sette nazioni hanno visto un aumento delle loro emissioni medie annuali, indicando che c’è ancora molto lavoro da fare per uniformare gli sforzi globali.
Con la COP14, svoltasi in Polonia, è stato raggiunto un altro grande traguardo in ambito di sostenibilità con l’istituzione nel 2010 dell’Adaptation Fund (AF), un fondo stanziato per sostenere i Paesi in via di sviluppo nei loro progetti di adattamento al cambio climatico. In questo contesto, l’Italia ha finanziato, a esempio, il Progetto di Sviluppo Rurale Integrato Intelligente per il Clima nell’area Pastorale dell’Etiopia, il cui obiettivo è favorire l’adattamento delle popolazioni rurali ai cambiamenti climatici attraverso un approccio integrato alla gestione dell’acqua, dell’agricoltura e delle risorse naturali.
Alla COP21 del 2015, è stato siglato lo storico Accordo di Parigi, in cui i Paesi firmatari si impegnano a contenere l’aumento della temperatura globale al di sotto dei 2°C, puntando a limitarlo a 1,5°C. Per fare questo, si impegnano a ridurre drasticamente le proprie emissioni nei prossimi anni per arrivare, nel 2050, a zero emissioni nette, una situazione in cui i (pochi) gas a effetto serra emessi vengono completamente riassorbiti da foreste, oceani e da tecnologie di cattura e sequestro del carbonio. I firmatari hanno anche l’obbligo di aggiornare ogni cinque anni i contributi determinati a livello nazionale, cioè un documento che delinei in modo chiaro e conciso la strategia che ogni Paese intende adottare per mitigare (ridurre le emissioni) e adattarsi (ridurre gli impatti) ai cambiamenti climatici.
In conclusione, la progressiva adozione e l’evoluzione degli strumenti di progettazione collettiva dimostrano l’impegno globale per un futuro sostenibile. Il successo di queste iniziative dipende dalla capacità dei Paesi di lavorare insieme, di adattare le strategie alle nuove sfide e di garantire che gli sforzi siano inclusivi e orientati verso un miglioramento continuo.
Di Giulia Abbondanza