
Restituire i fiumi alla natura
Sempre più Paesi europei stanno rimuovendo dighe obsolete per restituire spazio ai fiumi e favorire il ripristino degli ecosistemi. Interventi in Francia, Spagna e nei Paesi scandinavi dimostrano i benefici ecologici, sociali ed economici del decommissioning.
Nel nostro precedente approfondimento “I fiumi ‘free flowing’ per la salvaguardia di ambiente e biodiversità” sono stati evidenziati i danni causati dalle barriere artificiali alla continuità fluviale: dighe, traverse e canalizzazioni interrompono la migrazione delle specie acquatiche, bloccano il trasporto di sedimenti, alterano gli equilibri idromorfologici e riducono la biodiversità. Oggi, però, qualcosa sta cambiando. Sempre più Paesi europei stanno scegliendo di restituire spazio e vita ai fiumi attraverso un gesto importante e concreto: la rimozione delle dighe.
In prima linea in questo processo c’è Dam Removal Europe, un’iniziativa internazionale nata nel 2016 e promossa da un consorzio di organizzazioni ambientaliste, tra cui il WWF, European Rivers Network, The Nature Conservancy, Rewilding Europe e Wetlands International. Il loro obiettivo è semplice e rivoluzionario: accelerare la rimozione delle barriere obsolete dai fiumi europei per ripristinarne il flusso naturale, migliorare gli ecosistemi e la loro resilienza al cambiamento climatico.
Dam Removal Europe fornisce supporto tecnico, legale e comunicativo a governi, enti locali e comunità, affiancandoli nella progettazione e realizzazione degli interventi. Tra i progetti simbolo c’è la rimozione della diga di Barja sul fiume Odelouca, in Portogallo, completata nel 2023: un’opera abbandonata da anni che ostruiva uno dei corsi d’acqua più importanti per la fauna del sud del Paese. La sua eliminazione ha riattivato la migrazione di pesci endemici e migliorato la qualità dell’acqua a valle.
Ma i casi virtuosi non si fermano qui. In tutta Europa si moltiplicano gli esempi di decommissioning che stanno trasformando il rapporto tra uomo e fiume. Ecco tre esperienze emblematiche.
Francia: il caso pionieristico di Vezins e La Roche-qui-Boit
Nel 2019 la Francia ha completato la rimozione di due grandi dighe sul fiume Sélune, in Normandia: Vezins e La Roche-qui-Boit. Costruite negli anni ’20 per la produzione idroelettrica e ormai diventate obsolete, avevano interrotto per decenni il corso del fiume, bloccando la risalita dei salmoni atlantici e alterando profondamente la dinamica fluviale. L’intervento è stato condotto dall’Office Français de la Biodiversité (OFB) in collaborazione con il Ministero della Transizione Ecologica, con il supporto tecnico e scientifico di EDF (Électricité de France), il principale gestore idroelettrico nazionale.
Il decommissioning delle dighe sul Sélune ha rappresentato un punto di svolta nella gestione dei fiumi in Francia. In meno di due anni dalla rimozione, le rive hanno iniziato a rigenerarsi, sedimenti e sabbie hanno ripreso a scorrere liberamente lungo il corso d’acqua e la fauna ittica, in particolare il salmone atlantico, è tornata a risalire il fiume. L’intervento ha ripristinato una dinamica fluviale naturale su circa 20 chilometri e ha contribuito a ridurre il rischio di inondazioni a valle, grazie a una morfologia più flessibile e capace di adattarsi meglio alla variabilità idrologica.
Spagna: dal blocco al flusso lungo il Tajo
Nel 2022, la rimozione della diga di El Molino de Arriba sul fiume Tajo ha rappresentato uno degli interventi più significativi del piano spagnolo per il ripristino dei corsi d’acqua. Il progetto, promosso dal Ministero per la Transizione Ecologica e la Sfida Demografica (MITECO) e coordinato tecnicamente dalla Confederación Hidrográfica del Tajo, ha riattivato oltre 30 chilometri di continuità fluviale. Il progetto ha favorito la ricolonizzazione da parte di specie ittiche autoctone, tra cui l’anguilla europea e il barbo iberico, e ha prodotto miglioramenti significativi nella qualità delle acque e nella ricarica delle falde sotterranee. I benefici ecologici si sono affiancati a quelli socio-economici, ottenendo il sostegno dei consorzi agricoli locali, che ne hanno riconosciuto il valore in termini di resilienza e adattamento del territorio.
Paesi scandinavi: Svezia e Finlandia all’avanguardia
Nel Nord Europa, i Paesi scandinavi stanno guidando con decisione il processo di decommissioning delle dighe attraverso un approccio integrato e sistemico. In Svezia, la rimozione progressiva delle barriere obsolete è stata inserita tra gli obiettivi della strategia climatica nazionale. Un esempio emblematico è il progetto attuato lungo il fiume Vindelälven, uno dei pochi corsi d’acqua ancora a flusso libero del paese, situato in Lapponia. Qui, la Swedish Agency for Marine and Water Management (HaV), in collaborazione con enti locali e organizzazioni ambientaliste, ha avviato la rimozione di piccole dighe con risultati importanti sul ripristino degli habitat per i salmonidi.
Anche la Finlandia ha intrapreso un percorso analogo con il progetto di rimozione di tre dighe sul fiume Hiitolanjoki, al confine con la Russia, completato tra il 2020 e il 2023. L’iniziativa è stata realizzata dalla South Karelian Foundation for Recreation Areas (EKVAS) con il supporto della Municipalità di Rautjärvi, del WWF Finlandia e con finanziamenti dell’Unione Europea. Il ritorno del salmone del Ladoga, reso possibile dalla riapertura del collegamento con l’omonimo lago, è diventato il simbolo di una rinascita ecologica che ha coinvolto non solo l’ambiente, ma anche il turismo naturalistico e l’identità culturale della regione.
Conclusioni
Rimuovere una diga è molto più che demolire un’opera: è un atto di cura verso il territorio, un investimento su un futuro in cui la natura non è più ostacolata ma accompagnata. L’Europa, con questi casi emblematici, ci mostra la direzione. Riconnettere i fiumi è un gesto che parla la lingua della vita. E oggi più che mai, abbiamo bisogno di ascoltarla.
Di Giulia Abbondanza