River restoration: il caso Tagliamento

River restoration: il caso Tagliamento

Restituire vitalità ai fiumi significa intervenire su sedimenti, sponde e connessioni ecologiche. In Italia cresce l’attenzione verso la dismissione delle dighe, ma mancano strumenti normativi aggiornati. Il caso del Tagliamento mostra l’urgenza di soluzioni rispettose della natura per una gestione fluviale più sostenibile.

Restituire spazio ai fiumi non significa soltanto rimuovere le dighe, come vi abbiamo raccontato nell’articolo “Restituire i fiumi alla natura”. In molti casi, la vera sfida è ricostruirne l’equilibrio dinamico, intervenendo su tracciati, sponde, substrati e connessioni ecologiche. È questa l’essenza della river restoration, una pratica complessa che integra ingegneria ambientale, idraulica, ecologia e pianificazione del territorio.

Per river restoration si intende l’insieme di interventi che mirano a recuperare la funzionalità ecologica e morfologica dei corsi d’acqua. Non si tratta di tornare a uno stato originario, ma di riattivare processi naturali compromessi da decenni di rettificazioni, arginature e artificializzazioni.

Tra le tecniche più diffuse: la riapertura di meandri, la rimozione di sbarramenti, la creazione di sponde vegetate, il ripristino della connettività tra alveo e pianura alluvionale e la gestione equilibrata dei sedimenti. Ogni intervento si fonda su solide basi scientifiche e spesso prevede la partecipazione attiva delle comunità locali.

La dismissione delle dighe in Italia: lo stato dell’arte

Anche in Italia il tema della dismissione delle dighe sta guadagnando attenzione, sebbene con un ritardo rispetto ad altri paesi europei. Oggi si contano circa 530 Grandi Dighe di competenza statale, con un’età media di oltre 65 anni. La maggior parte è destinata a uso idroelettrico, seguito da quello irriguo e potabile.

Le motivazioni che possono portare alla dismissione sono diverse: obsolescenza tecnica, fine dell’utilizzo originario, problemi di sicurezza o volontà di ripristinare la continuità fluviale. Le procedure di decommissioning sono disciplinate da normative tecniche precise. Tuttavia, l’assenza di un quadro nazionale strategico sulla rimozione delle barriere obsolete rappresenta ancora un ostacolo al pieno sviluppo delle politiche di river restoration. Nonostante ciò, alcuni progressi si sono registrati negli anni passati anche a livello metodologico e scientifico, come dimostra il progetto europeo REFORM.

Il quadro europeo: ricerca, metodi e standard condivisi

Attivo tra il 2011 e il 2015 e coordinato dall’ente olandese Deltares, il progetto REFORM – REstoring rivers FOR effective catchment Management ha coinvolto 21 istituti di ricerca europei, tra cui ISPRA per l’Italia. Il suo obiettivo è stato definire approcci condivisi per valutare gli impatti idromorfologici nei bacini fluviali, fornendo strumenti utili alla pianificazione integrata secondo le direttive comunitarie.

Uno dei risultati principali è stato lo sviluppo di linee guida per la definizione dei flussi ecologici (e-flows), che tengono conto non solo delle portate minime ma anche della dinamica dei sedimenti. Il metodo ISPRA–Università di Firenze è oggi un riferimento nazionale per l’analisi idromorfologica (D.M. 260/2010).

Il valore dei fiumi a canali intrecciati: il caso Tagliamento

Un esempio concreto della necessità di approcci integrati alla river restoration è il Tagliamento, l’ultimo grande fiume alpino a canali intrecciati ancora integro in Europa. Il 14 giugno 2025, oltre duecento tra esperti, studenti e cittadine e cittadini hanno partecipato al seminario internazionale organizzato dal CIRF a Spilimbergo. È stata ribadita l’unicità del Tagliamento come sistema fluviale e laboratorio a cielo aperto per la scienza.

Durante la giornata è emersa la preoccupazione per gli interventi previsti, come il ponte-traversa di Dignano, una struttura con paratoie mobili che combinerebbe la funzione viaria con quella di sbarramento del fiume, o le casse d’espansione, ovvero bacini artificiali progettati per contenere temporaneamente l’acqua in caso di piena, che potrebbero compromettere l’equilibrio del fiume. Diversi esperti hanno sottolineato l’urgenza di mantenere la connettività fluviale, limitare l’estrazione di sedimenti e garantire un adeguato deflusso ecologico. È stato evidenziato come affidarsi a grandi opere idrauliche possa essere inefficace e rischioso, soprattutto in un contesto morfologicamente complesso. È invece necessario puntare su soluzioni diffuse basate sulla natura, che rispettino le dinamiche ecologiche e riducano la vulnerabilità degli insediamenti.

Il giorno successivo si è svolta la quarta edizione della discesa “Tagliamento Libero”, con oltre 200 partecipanti in canoa o a piedi lungo il tratto tra Cornino e Villanova. L’iniziativa, promossa da associazioni ambientaliste e sostenuta da Patagonia, LIFE e Wetlands International Europe, ha unito divulgazione scientifica, sport e mobilitazione per la tutela di uno dei fiumi più straordinari d’Europa.

Investire sul lungo termine

La river restoration è una visione di lungo periodo. I benefici non sono solo ambientali, ma anche sociali, paesaggistici, economici. Migliora la qualità dell’acqua, rafforza la biodiversità, riduce i rischi idraulici e favorisce forme di turismo sostenibile.

In Italia non mancano le esperienze positive, dal Ticino all’Adda, dal Piave all’Arno. Ma è necessario superare l’approccio frammentario, dotarsi di strumenti normativi aggiornati e investire in ricerca, governance e partecipazione. Progetti come REFORM e eventi come il seminario sul Tagliamento mostrano che un altro modo di convivere con i fiumi è possibile: non governarli, ma comprenderli e lasciarli vivere.

Di Giulia Abbondanza