Un nuovo paradigma di gestione del bene Acqua

Secondo l’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO), il 2024 risulterà l’anno più caldo mai registrato, a coronamento di un decennio di surriscaldamento senza precedenti alimentato dalle attività umane. Gli ambiti che risentono degli effetti dei cambiamenti climatici in atto sono innumerevoli, ma fra questi il ciclo idrico è tra quelli più critici, con ripercussioni significative tanto sugli ecosistemi naturali quanto sui sistemi socio economici.
In Lombardia, la situazione non si discosta dalla tendenza globale relativa all’aumento della pressione sui sistemi idrici. I dati mostrano che ad aprile 2023 la disponibilità regionale di risorsa idrica soffriva di una riduzione del 58% rispetto alla media del periodo 2006-2020, proseguendo l’andamento negativo della stagione 2022, segnata da un ammanco del 60%. Inoltre, la concomitanza di alte temperature e scarsità di precipitazioni aveva reso il 2023 l’anno più caldo e secco degli ultimi decenni, con evidente squilibrio tra richiesta e disponibilità della stessa risorsa idrica. Se il 2023 e il 2024 hanno registrato un apporto di precipitazioni più cospicuo rispetto al biennio 2022-23, ciò non toglie che nel complesso la situazione sui territori sia rimasta critica, con eventi estremi ricorrenti e condizioni di tensione.
Tali segnali mostrano come la risorsa idrica sia diventata un elemento “critico” per i territori, il tessuto economico e le comunità. Lo sarà sempre di più nei prossimi anni, quando gli avanzamenti delle alterazioni climatiche rispetto alle medie storiche comporteranno una maggiore scarsità e variabilità della risorsa, nonché un aumento del suo valore marginale. Questi fattori potranno innescare tensioni e conflitti destabilizzanti per le comunità locali qualora non si trovasse un compromesso accettabile sulla quantità di risorsa destinata agli usi civili, agricoli ed energetici. Di fatto, il territorio italiano si trova già in condizioni di stress idrico elevato, presentando i valori più alti del contesto europeo. Da questa prospettiva emerge la necessità di sviluppare un servizio idrico integrato più resiliente, accompagnato da sistemi di prevenzione per inondazioni e siccità significativamente più avanzati rispetto a quelli attuali. Gli eventi estremi legati alle risorse idriche rappresentano infatti uno dei rischi più rilevanti che ci troviamo ad affrontare.
Nel contesto europeo, l’adattamento ai cambiamenti climatici e la gestione sostenibile delle risorse idriche, con un focus sulla water security, sono elementi centrali della normativa di riferimento, a partire dal Green Deal europeo e dalla Climate Law, passando per la Strategy on Adaptation to Climate Change e il recente EU Climate Risk Assessment. Anche a livello nazionale si riconoscono queste necessità, con la Strategia e il Piano nazionale di adattamento al cambiamento climatico che delineano un percorso di adeguamento per l’Italia, dedicando osservazioni e misure specifiche per il settore della risorsa idrica e tenendo conto delle probabili variazioni in termini sia di quantità che di qualità. La Strategia richiama esplicitamente la necessità di “nuovi paradigmi di gestione”, che integrino in modo coerente le conoscenze scientifiche a disposizione. D’altra parte, questa prospettiva si sta consolidando anche tra gli enti gestori del servizio idrico, ai quali viene richiesto di includere, in modo sistematico, delle opportune valutazioni sulla resilienza idrica dei territori di afferenza.

Prof. Carmine Trecroci
Nuovi paradigmi di gestione
Appare quindi indispensabile ripensare il modello di gestione di tale risorsa secondo un paradigma che superi la frammentazione territoriale attuale e tenga conto dello stato generale, degli andamenti futuri attesi e degli equilibri sociali, economici e ambientali complessivi. E’ prioritario intercettare le criticità, con particolare attenzione alla questione della disponibilità idrica e della sua variabilità, e costruire una risposta innovativa alle esigenze dei territori. Le attività principali si potrebbero articolare su due ambiti. Innanzitutto, misurare e valutare l’impronta idrica territoriale (water footprint) attuale e stimata dei comuni, allineandola con le disponibilità della risorsa. Successivamente, attivare e coordinare un sistema integrato di valutazione, gestione e monitoraggio della risorsa idrica, alla luce dei cambiamenti climatici, dei processi trasformativi già in corso e di quelli prevedibili.
In sostanza, è necessario un approccio sistemico, basato su dati e valutazioni quantitative, allo scopo di promuovere, lungo tutto il ciclo e su scala sovracomunale, impieghi più responsabili e sostenibili della risorsa. Le finalità più rilevanti sono l’efficientamento della gestione, la riduzione dei rischi di eccessivo sfruttamento, inquinamento e inondazione, la semplificazione dei processi, la mitigazione degli impatti sull’ambiente naturale, la crescita della consapevolezza e della responsabilità di comunità e cittadini.
Tra le implicazioni generali che questo approccio favorirebbe rientra senz’altro una migliore pianificazione degli usi dell’acqua, grazie alla visione integrata dell’impatto settoriale delle attività in un territorio, tenendo in considerazione rischi e vulnerabilità locali. Riceverebbe inoltre una spinta aggiuntiva la riqualificazione idrica degli edifici e degli spazi urbani, promuovendo il recupero e il riutilizzo dell’acqua negli interventi edilizi, l’adeguamento degli impianti esistenti e l’applicazione dei principi di efficienza idrica. Ne conseguirebbero ulteriori, importanti azioni, come il recupero delle acque meteoriche e/o di quelle grigie, il completamento della rete fognaria e di depurazione e la separazione delle acque reflue civili da quelle industriali e di prima pioggia, con conseguente miglioramento dello stato ecologico dei corsi d’acqua e dei bacini. La logica strategica passerebbe dalla semplice fornitura on demand e su base comunale di servizi legati al ciclo idrico, a meccanismi gestionali avanzati più sostenibili per la conservazione e la valorizzazione della risorsa idrica. Attraverso opportune attività di co-progettazione con le comunità, verrebbe avviato un processo condiviso di gestione della risorsa nel territorio, una forma innovativa di governance dell’acqua, nell’ottica di garantirne un funzionamento stabile nel lungo termine.
L’obiettivo è fornire alle comunità un sistema integrato e evidence-based di supporto alle decisioni sulla gestione idrica. Tale approccio prevede un’analisi delle condizioni attuali e l’elaborazione di strategie di medio e lungo termine, volte a superare criticità e a cogliere opportunità di miglioramento in modo equilibrato e responsabile. Questa transizione, guidata da percorsi di adattamento agli impatti climatici, richiede un profondo cambiamento strutturale che ripensi processi economici, attività umane e organizzazione dei servizi, preservando e valorizzando beni comuni e risorse naturali.
Di Carmine Trecroci, docente Dipartimento di Economia e Management, Università degli Studi di Brescia