La lunga marcia delle aziende

Diversity, Equity and Inclusion, dagli SDGs dell’Agenda 2030 alla situazione nazionale e internazionale: un tema di diritti umani su cui le organizzazioni sono chiamate ad agire.

Il tema della Diversity, Equity and Inclusion (DE&I) ha un impatto concreto, reale e significativo sulla vita delle persone. Le imprese possono svolgere un ruolo decisivo in questa transizione gentile e sostenibile, lavorando in primo luogo per creare un ambiente di lavoro positivo, valorizzante e arricchente, ma facendosi anche ambasciatrici del cambiamento, mettendo in circolo una cultura che si fonda sulla convivenza delle differenze (l’espressione è di Fabrizio Acanfora).

Il quadro internazionale e soprattutto nazionale ci racconta di un percorso che deve ancora essere sostenuto da azioni di sensibilizzazione e fondarsi su azioni concrete, misurabili e strettamente legate alla strategia di sviluppo delle organizzazioni. Se a livello di Agenda 2030 è vero che non esiste un Goal specifico dedicato alla DE&I, dall’altra parte sono tanti gli obiettivi che toccano il tema della parità e della lotta alle discriminazioni in modo trasversale, dando vita a una trama che lega indissolubilmente questi temi con quelli dello sviluppo sostenibile a tutto tondo. Primo fra tutti, il Goal 5 è dedicato alla Gender Equality per eliminare ogni forma di violenza e discriminazione e promuovere l’empowerment di donne e ragazze; l’Obiettivo 8 riguarda il lavoro dignitoso e la crescita economica, proteggendo il diritto al lavoro e promuovendo condizioni e ambienti sicuri per tutti i lavoratori; l’SDG 10 lavora per ridurre le disuguaglianze, promuovendo l’inclusione socio-lavorativa, economica e politica di tutti.

Ma nella realtà di organizzazioni e aziende, qual è la situazione? Secondo una recente indagine del Global Compact delle Nazioni Unite e Accenture, a livello mondiale l’impegno apicale sui temi DE&I è sempre più presente: il 92% dei CEO li ha integrati nelle proprie strategie e ha avviato iniziative specifiche per la loro promozione, mentre l’86% delle organizzazioni ha attivato policy di non discriminazione o per le pari opportunità.

Per l’Italia si prospetta una strada lunga: la consapevolezza c’è, lo testimonia l’aumentare delle aziende che ottengono la certificazione sulla parità di genere, ma scarseggiano ancora pianificazione, azione e strategia. Secondo la ricerca Future of Work (Inaz – Osservatorio Imprese Lavoro e Business International – Fiera Milano), la D&I è un tema urgente a livello etico per l’84% delle imprese e solo il 50% pensa agli impatti relativi al business. In questo quadro, meno della metà (il 46%) ha attivato un piano di DE&I. Tra chi non lo ha fatto solo il 63% prevede di predisporlo in futuro. Allora forse è ancora necessario lavorare sulla leva motivazionale, ricordando le opportunità per le aziende. Le iniziative di DE&I infatti, oltre ad essere un comportamento etico e una buona pratica da diffondere, determinano anche un vantaggio competitivo: in termini di immagine e reputazione, perché la sostenibilità è ormai un valore irrinunciabile, ma anche di attrazione di talenti, di produttività e clima interno, perché contribuiscono a fare crescere la fiducia delle persone nei confronti dell’organizzazione, con impatti diretti su creatività e qualità del lavoro.

La grande sfida riguarderà la trasformazione della DE&I in una cultura aziendale realmente vissuta e condivisa. Secondo l’International Labour Organization (ILO, 2022), oggi le imprese si posizionano su tre diversi livelli di maturità. L’approccio di conformità, cioè di semplice compliance rispetto alle norme nazionali, è quello più diffuso a livello globale: riguarda il 48% delle aziende. A seguire, il livello transizionale, all’interno del quale si posizionano le organizzazioni che hanno già messo in campo azioni concrete, ma senza attivare un reale cambiamento all’interno dell’azienda e, soprattutto, sulle sue persone. Infine, l’approccio trasformativo è quello a cui ogni impresa dovrebbe mirare: qui l’obiettivo è pianificare e implementare politiche che diventeranno parte della strategia e dell’agire aziendale in toto, toccando tutto il ciclo di vita dei lavoratori.

Non solo: rendere la DE&I cultura aziendale significa anche avere un modello di business che si basa su servizi e prodotti con un impatto sociale positivo e, ultimo ma non meno importante, comunicare in modo inclusivo. Ma come arrivare al livello trasformativo? L’ILO indica quattro principi chiave: adottare un approccio strategico e culturale; costruire la diversità nei ruoli apicali; co-creare una responsabilità condivisa e diffusa sui temi DE&I; 4. focalizzarsi sul senso di appartenenza e realizzazione personale in tutto il ciclo di vita dei lavoratori.

Lo stesso taglio, comprensivo e trasversale, si ritrova nella norma ISO 30415, la prima dedicata esclusivamente al tema della diversità. La norma dà indicazioni utili per costruire un contesto che chiama in causa tutte le funzioni aziendali e i suoi processi, andando ben oltre il perimetro delle Risorse Umane, in cui la D&I vive grazie a un coinvolgimento su tutti i livelli. Rappresenta bene questo tipo di approccio la figura degli ERG, Employee Resource Group, gruppi che raccolgono persone che rappresentano la diversità in azienda e i loro alleati.

Voce, rappresentazione, equità, appartenenza: da qui è necessario partire per far crescere diversità e inclusione in azienda.

Di MIcol Burighel