Petrolio & Co: l’“energia sporca” che inquina la Terra

Nel corso degli ultimi due secoli lo sfruttamento dell’energia non rinnovabile ha sostenuto la crescita e lo sviluppo del genere umano. Con il passare del tempo ci siamo resi conto che questo utilizzo frequente ha provocato danni irreparabili per l’umanità e per l’ambiente. Considerando l’impatto ambientale che tali fonti di energia causano sul Pianeta, abbiamo messo seriamente a rischio la disponibilità naturale delle risorse.

Gli effetti collaterali di questi comportamenti sono evidenti e spaziano dall’inquinamento dell’aria all’effetto serra, dallo scioglimento dei ghiacciai alla perdita di biodiversità, dal susseguirsi di disastri ambientali alle crisi geopolitiche per appropriarsi delle risorse che non sono distribuite omogeneamente sulla Terra.

Soltanto dagli anni ’70 questo modello di sviluppo è stato messo in discussione, confutando l’idea della crescita infinita unita al problema dell’inquinamento ambientale e dell’esauribilità delle fonti non rinnovabili. Cinquant’anni dopo non siamo ancora riusciti a cambiare quel paradigma anche se l’interesse pubblico e privato per uno sviluppo più sostenibile è in costante crescita.

Ma cosa si intende con energie non rinnovabili? Per fonti di energia non rinnovabili ci si riferisce a un insieme di risorse limitate che si sono generate nei millenni in determinate aree della Terra. Queste si distinguono in due categorie. Nella prima rientrano i combustibili fossili quali il carbone, il petrolio e il gas naturale.

Il carbone è la seconda fonte d’energia non rinnovabile nonché la risorsa maggiormente disponibile (e perciò più economica) ed è anche la più inquinante. Esistono due tipologie di carbone: quello naturale e quello artificiale.

Il petrolio è il principale combustibile composto da idrocarburi naturali. Esistono centinaia di petroli che si differenziano in base ai rendimenti e ad aspetti quali l’acidità, la densità e la localizzazione.

Il gas naturale è la terza fonte d’energia non rinnovabile per utilizzo ed è la meno inquinante (circa il 40% in meno rispetto al petrolio). La maggior difficoltà legata a questa fonte sta nel suo trasporto che risulta particolarmente costoso.

Nella seconda categoria rientrano gli elementi fossili o nucleari quali l’uranio e il plutonio, che non sono ottenuti da processi di fossilizzazione come avviene per i combustibili fossili. Questi elementi necessitano di moltissimi anni prima che la natura ne produca di nuovi. Sono impiegati principalmente per la produzione di calore e non emettono CO2 ma producono scorie radioattive tossiche.

Detto ciò, risulta chiaro che le fonti d’energia non rinnovabili si esauriranno presto se sfruttate senza freni. Dobbiamo cambiare rotta, cogliendo le opportunità che la natura ci offre.

Le fonti di energia rinnovabili, come quella solare, eolica e idrica, sono perciò le ideali sostitute dei combustibili fossili poiché vengono reintegrate naturalmente, illimitatamente e omogeneamente in un breve periodo di tempo, senza nessun rischio di trasferimento. Scommettere sull’energia green è quindi la migliore soluzione per garantire l’approvvigionamento energetico costante e a tutti i paesi, senza danneggiare la natura. Questa è la principale motivazione che sostiene l’interesse popolare, mediatico e internazionale per questa causa. Tuttavia, l’ultimo Rapporto di REN21, l’organismo internazionale istituito dalle Nazioni Unite per incentivare le rinnovabili, mostra ancora un divario tra le dichiarazioni dei governi e le azioni intraprese per la transizione energetica. La strada da percorrere è perciò ancora lunga ma raccoglie sempre più sostegni (e azioni concrete) in tutto il mondo.

Di Francesco Munari