Siccità e meteo estremo: serve l’intelligenza collettiva per immaginare un nuovo mondo

Negli ultimi tempi, in particolare sui social media, riecheggia la frase “sapevamo che sarebbe accaduto”, che la nostra vita sarebbe cambiata. Eravamo stati avvertiti.

Inizialmente gli allarmi dei climatologi non hanno fatto altro che generare ostilità, rabbia e scetticismo, perfino alla United Nations Climate Change Conference (Cop) del 2018, in cui Sonia Isabelle Seneviratne, del Politecnico di Zurigo (Eth) presentò un rapporto, commissionato dalle Nazioni Unite, e contestato in quanto illustrava come l’innalzamento di un grado e mezzo della temperatura era il massimo che potevamo permetterci.

Oggi la crisi climatica è davanti ai nostri occhi. La siccità di quest’anno ha provocato e continua a provocare danni alla biodiversità, soprattutto a tutti quegli organismi legati alle acque interne: il prosciugamento di molte piccole e grandi zone umide ha impedito o ridotto drasticamente la riproduzione di numerose specie di anfibi. Ci sono state morìe di pesci in tratti fluviali e zone umide rimaste completamente a secco. E l’acqua è la protagonista e la principale vittima di questa crisi climatica. Se la siccità rischia di diventare una piaga costante in Europa Meridionale, in particolare nei Paesi del Mediterraneo, nel mondo la preoccupazione per questo fenomeno è altrettanto alta.

Nel 2022 le Nazioni Unite pubblicano Drought in Numbers 2022 e mettono in evidenza proprio quanto il problema della siccità sia allarmante a livello globale. Entro il 2050 questo fenomeno colpirà tutti i Paesi del mondo, con ripercussioni drammatiche su ecosistema, biodiversità e salute umana. A molte di queste emergenze stiamo già assistendo.

Gli effetti del moltiplicarsi e del sommarsi inesorabile di questi eventi catastrofici sono ormai difficili da prevedere e da gestire. Nessuno poteva immaginare come sarebbe andato a finire il tentativo di deviare l’asteroide del film Don’t Look Up : non provarci sarebbe stato un crimine, ma il fatto che saperi e tecnologie disponibili avrebbero potuto garantire il risultato era solo una possibilità. Allo stesso modo il cambiamento climatico è molto più complesso e imprevedibile rispetto a quanto riusciamo a comprendere con gli strumenti attualmente in nostro possesso.

E allora cosa fare per prevenire la fine del mondo come lo conosciamo?

L’ideale sarebbe iniziare a immaginarci il mondo tra dieci, venti o trent’anni. Che aspetto avranno le nostre città? E cosa significherà viverci e lavorarci? Quale agricoltura potremmo praticare e quali allevamenti avviare? Cosa accadrà nei centri urbani? e ancora, verso quali Paesi è meglio guardare per capire come problematiche simili sono state affrontate in passato?

Nel corso degli ultimi anni sono state sviluppate prospettive critiche sul presente e modelli teorici per un futuro ecologico, ma nella sostanza scienza, tecnologia e forme di relazione con la natura efficaci ad agire dentro e contro il cambiamento climatico ancora devono essere costruite. E questo andrebbe fatto con urgenza.

Non esiste una formula magica contro il cambiamento climatico ma esiste l’intelligenza collettiva, e grazie a essa è possibile proporre ipotesi sensate, sperimentarle e vagliarle. È necessario il contributo di discipline sociali e umanistiche, dalla sociologia all’urbanistica, fino a saperi pratici come quelli che derivano dall’agricoltura o da altre forme di attività umana.

Con l’accordo di Parigi del 2015, confluito poi nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, è stato stabilito un obiettivo importante e ambizioso: limitare a 1,5° l’aumento medio della temperatura del Pianeta.

È evidente che questo obiettivo è raggiungibile solo grazie a un impegno globale congiunto di imprese, istituzioni e cittadini. Un vero e proprio “manuale di sopravvivenza” alla fine del mondo come lo conosciamo ancora non c’è, ma possiamo costruirlo grazie all’interdisciplinarietà e alla messa in comune di azioni, competenze e conoscenze e tramite la definizione di strategie di adattamento complessive, efficaci e funzionali, che abbiano come obiettivi uno sviluppo sostenibile e la salvaguardia del nostro Pianeta, per la nostra e le future generazioni.

 di Beatrice Coni

Articolo pubblicato sul numero 7 di Riflessi, settembre 2022